Elena Mastropaolo

   

PITTRICE 

 

LA CRITICA

 

  "Tele Danzanti di ELENA MASTROPAOLO" - Rosanna Potente

 

copertina fb 2

 Dormono le cime de’ monti

e le vallate intorno,

i declivi e i burroni;

dormono i rettili, quanti nella specie

la nera terra alleva,

le fiere di selva, le varie forme di api,

i mostri nel fondo cupo del mare;

dormono le generazioni degli uccelli dalle lunghe ali.

Alcmane, fr. 89 P, traduzione di Salvatore Quasimodo

 

 A colpire lo sguardo che si posa sui quadri di Elena Mastropaolo è innanzi tutto la ricchezza cromatica dei blu in cui sfumano le distese dei cieli e le profondità dei mari, che ricordano vividamente le sfumature del paesaggio mediterraneo, da sempre impresso nell'immaginario e nella mitologia privata dell'artista pugliese.

I mari a volte sono cupi e profondi, lasciano intravedere misteriosi tesori abbandonati sui fondali o sono tormentati da tempeste che squassano velieri in balia delle onde; a volte, invece, riflettono la luce nel tremolare della superficie increspata dai venti, accolgono le reti dei “trabucchi”, unica traccia della presenza umana, o si lasciano attraversare da vele evanescenti lungo la linea dell'orizzonte. Cupa o limpida che sia, l'acqua allude al dinamismo della vita di cui è fonte, ad una condizione primigenia in cui l'esistenza prende forma dal nulla, come i cieli schiudono dimensioni indefinite e immaginose, dove tutto sembra possibile. 

Tra mari e cieli, dunque, si snoda senza soluzione di continuità il compenetrarsi di inquietudine e serenità, tensione e abbandono, resa e slancio vitale, come si coglie chiaramente in "Bilico": un albero è cristallizzato nel suo disperato attaccamento alla zolla di terra che lo trattiene dal precipitare  negli abissi, mentre un fascio di luce squarcia le nubi e ne illumina il fogliame, verde nonostante tutto.

Il blu pervade anche le nature morte, apparenti tributi alla tradizione, in realtà composizioni vivificate da una sensibilità nuova, moderna, strettamente personale: frutti, foglie di vite, fiori, libri, strumenti musicali, spartiti e oggetti della vita quotidiana diventano dei correlativi oggettivi di emozioni e sensazioni espresse implicitamente, mentre finestre socchiuse conducono lo sguardo lontano, oltre le tende trasparenti e leggere appena mosse dal vento.

Le "piccole cose" assumono un valore simbolico soprattutto nelle composizioni più metafisiche o apertamente ispirate al Surrealismo, corrente pittorica molto amata da Elena Mastropaolo: ecco, dunque, che il blu fa da sfondo al volteggiare di una foglia che si deposita sopra altre ormai secche, si inarca in un'onda che travolge una fragile piuma bianca, assume le sfumature di un cielo attraversato da un misterioso filo, sfuma in un letto che lascia intuire la sagoma di una donna dormiente...

Le ultime tele rivelano un'evoluzione nel mondo interiore della pittrice, che la tavolozza recepisce e traduce fedelmente. Al blu si accosta e fa da contrappunto un rosso vivo: spunta nelle composizioni di frutta e splende nei drappeggi, che come quinte teatrali incorniciano oggetti emblematici o figure femminili. E' il caso del trittico che narra la storia di una metamorfosi: ci troviamo in un interno domestico, dove umili suppellettili suggeriscono una vita semplice ed ordinaria, ma l'atmosfera è sospesa e la finestra socchiusa lascia filtrare una dolce brezza che agita le tende. Sul libro aperto in primo piano avviene il miracolo della vita: da una conchiglia esce timidamente una vaga figura femminile, che a poco a poco schiude le sue ali di farfalla e vola via attraverso la superficie di una lente, divenuta prodigiosamente permeabile. E' il passaggio dalla realtà fenomenica a quella metafisica, misteriosa e spiritualizzata, in cui non solo si percepisce la vera natura delle cose e si scorgono i loro legami nascosti, ma si va anche in fondo a se stessi, alla ricerca della propria identità. Attraversare la lente significa immergersi nell'abisso per poi riemergere portando con sè una maggiore consapevolezza e tornare in quella "foresta di simboli" che è la vita con una sensibilità più ricettiva. Questo viaggio non può che implicare un percorso a ritroso nel tempo, alla ricerca dell'età dell'innocenza, delle radici, della purezza, per scavare tra le incrostazioni delle esperienze e dei ricordi e riportare alla luce l'essenza profonda di sé. È la stessa ricerca che compiono anche le enigmatiche figure femminili di  Elena attraverso il sogno e la fantasia, mentre dormono sospese sul mare e avvolte da corolle di fiori e foglie o mentre scrutano l'orizzonte attraverso una finestra, tra tende eteree e svolazzanti. Le ultime arrivate appaiono circondate da drappeggi rossi e mostrano un legame ancora più intenso con la musica. Violini e violoncelli, libri aperti e spartiti sparsi qua e là intrecciano una sorta di sinestesia con gli accesi cromatismi di una pittura intensamente“sensoriale”, che suscita percezioni visive con i contrasti di luce ed ombra, sonore con l'immaginazione di suadenti melodie, tattili con la leggerezza delle cortine bianche. Le giovani che si abbandonano assopite, scrutano lontano o suonano non incrociano mai lo sguardo dello spettatore, ma nascondono il loro volto o chiudono gli occhi, nel tentativo di concentrarsi unicamente nel proprio mondo interiore, raccogliere le forze del pensiero, scendere in profondità, ritrovare se stesse, per poi perdersi in una infinitudine senza spazio e senza tempo. Ognuna di loro è l'oggettivazione di un'artista alla perenne ricerca di nuovi strumenti cognitivi ed espressivi, capace di sperimentare e rinnovarsi: l'intensità cromatica, che si manifesta anche in forti contrasti; l'utilizzo della luce, spesso esplicitamente citata come un cono che attraversa la tela; le ombre, che sottolineano la profondità e i volumi; la consistenza materica della pennellata; la dialettica tra dinamismo e stasi, presente non solo nei paesaggi marini, ma anche negli interni; il susseguirsi di musica e silenzio; la scelta di alcune immagini-simbolo da declinare in forme sempre diverse; l'atmosfera onirica, che pervade anche gli scorci più realistici; l'esotismo appena accennato, che evoca dimensioni spazio – temporali irraggiungibili... tutto concorre ad alimentare un'indagine sempre in fieri, mai soddisfatta delle proprie effimere conquiste. Un'indagine lucida e coraggiosa, che però non rinuncia alla sfuggente levità del linguaggio figurativo. Così i corpi si dispiegano nello spazio con la leggiadria di un ballo: le foglie si librano delicatamente a mezz'aria, le pagine si lasciano sfogliare da impercettibili aliti di vento, le stoffe si piegano morbide e sinuose, i capelli ondeggiano languidi, perfino le onde più tormentate si infrangono con una potenza che non è mai scomposta, nelle “tele danzanti” di Elena Mastropaolo.

 

Prof.ssa Rosanna Potente

 

  

LA LUCE DI ELENA - Sergio Imperio - Giornalista

Nature morte, paesaggi, corpi tra metafisica e surrealismo l’espressione creativa fatta di luce della giovane Elena Mastropaolo.

La ricerca artistica contemporanea si è così profondamente addentrata nelle ambiguità oscure della materia, per cui la luce raramente è pensata come strumento di rappresentazione d’arte e quindi di conoscenza. La cultura occidentale pensa alla luce essenzialmente come risorsa tecnica. Difficilmente ci si imbatte in ricerche poetiche nel campo delle arti visive in cui le campiture e le tessiture cromatiche si propongono come luoghi di narrazione di luce, là dove luce vuol dire limpidezza, trasparenza, visibilità. Stupisce, quindi non tanto che sia svanita, in un certo qual modo la poetica della luce, ma al contrario che ci sia ancora qualcuno che se ne occupi; mostrando una suprema noncuranza per le attuali tendenze artistiche. Le opere di Elena Mastropaolo sono contrassegnate da una rara e possente unità tematica; la luce appunto. Essa diventa nelle sue composizioni, attestazione, indizio, prova, documento. Da portentosi fondali notturni la luce emerge e illumina l’accadere esistenziale, il tempo e lo spazio della vita. Le metafisiche e surreali visioni di Elena Mastropaolo evidenziano con insistenza i temi esistenzialistici della incomunicabilità, dell’attesa. Il taglio teatrale delle sue composizioni dispiega scenari che fanno penetrare, immediatamente nello spazio dell’evento pittorico, così da immergere chi guarda in una dimensione di improvviso, di imprevisto. Grazie agli effetti dinamici del colore e all’immediatezza del gesto pittorico che modella la luce. Colore, spazialità, composizione, movimento, matericità si fanno espressione figurativa unitaria che passa attraverso rapporti luce-ombra; attraverso rapporti di tonalità monocrome colore, in cui gamme più scure o più chiare ed anche squillanti si succedono in un percorso evolutivo. Dominante e unitario l’elemento luce permane come strumento creativo e di testimonianza: non d’un malessere esistenziale in quanto tale, ma, al di sopra di esso e attraverso di esso, della certificazione figurativa d’un bisogno di entrare nel cuore delle cose. Le opere della Mastroapolo invitano a guardare meglio dentro e fuori se stessi in una sospensione di luce che diventa il vero centro della rappresentazione artistica. Un quadro è ciò che la luce rivela oltre la rappresentazione figurativa. La luce rende la rappresentazione pittorica singolare, inquietante, ne fa il varco per entrare nel cuore delle cose.

Sergio Imperio

Giornalista

 

PROFONDAMENTE BLU - Nino Abate - Giornalista

E’ giovane, determinata, piena di vita Elena Mastropaolo, una risorsa artistica del sud che vive al nord. Un modo e un mondo nel quale ci consente dei entrare solo dopo aver abbattuto le barriere della realtà fotografata nella sua aridità apparente, solo dopo aver attraversato il blu, il colore della notte fonda ma non ancora profonda, del mare cupo ma non offeso, passando attraverso stati d’animo ed emozioni che è capace di portare sulla tela con un tratto deciso eppur soave, delicato nel segno grafico ondulato, accattivante, quasi in cerca d’amore, forte nella densità del colore. E’ sempre attenta a farsi illuminare, quasi a schiudersi come conchiglia o come sirena delle emozioni, a cercare il cono di luce, “quel” cono di luce che, come un occhio di bue, illumina il palcoscenico della coscienza profonda. L’originalità figurativa, nutrita spesso da terrene presenze materiche sulla tela, non disprezza gli equilibri degli spazi, dei colori, delle citazioni, del bianco che irrompe con grazia, con una sua leggiadria, senza recare fastidio visivo, senza disturbare le ciglia del cuore. Brutta parola la metafisica, per una giovane artista e per un vecchio cronista che ama stare con i piedi attaccati alla terra; ma talvolta, forse in questo caso, quella parola esprime la possibilità di vedere, come illuminato da un lampo, uno squarcio d’anima, a volte rattristata, ma sempre in dinamica ricerca, mai paga, mai dona. Non è un’improvvisatrice Elena Mastropaolo, conosce i fondamenti, la tecnica, e ne dà dimostrazione, quasi ostentata, in alcune nature morte tradizionali, ma propone nelle sue mostre, il racconto di sé, così come fanno gli scrittori che si misurano con una storia da raccontare, cominciando da sé. La passione di questa giovane artista, che aspettiamo di rivisitare già in nuove impegnative prove, è visibile e forte come la vivezza dei suoi occhi; sta guardando adesso il mondo in blu con trepidazione, come se stesse aspettando qualcosa, qualcuno, sapendo, però, che la vita passa accanto al sogno, al sentimento, all’emozione e qualche volta è sogno, al sentimento, all’emozione e qualche volta è sogno, sentimento, emozione. Profondamente blu.

 

Nino Abate

Giornalista

 

“COLORE ED EMOZIONI  ” - Ombretta Frezza - Storico dell'Arte 

 artista con - Sogno di primavera-

Elena Mastropaolo ha una formazione accademica, si laurea, infatti, con il massimo dei voti in decorazione artistica presso l’Accademia delle Belle Arti di Foggia.

Proprio durante gli anni di studio Elena si appassiona e si avvicina al Surrealismo, arrivando a realizzare alcune opere ispirate a questo movimento d’avanguardia.

Frequenta, inoltre, il corso di formazione professionale in “Lavorazione Artistica dei Metalli” sotto la guida di Eliseo Mattiacci e Arnaldo Pomodoro, realizzando un’opera in ferro dal titolo “Caducità” tutt’oggi esposta nella collezione permanente della Fondazione Arnaldo Pomodoro presso il castello di Pietrarubbia.

Questa è un’esperienza che porta Elena ad inserire nelle sue opere materia, tagli di luce, volume teatralità.

Si trasferisce a Treviso, dove oggi vive e lavora, intensificando, però, la sua collaborazione con la “Galleria Contemporanea d’Arte” di Foggia.

Dal 2000 ad oggi Elena ha partecipato ad importanti mostre personali e collettive, con un buon successo di pubblico e di critica.

Recentemente ha esposto a Villa Contarini e ha in programma, nei prossimi mesi, una mostra personale a Palazzo Sarcinelli a Conegliano.

È socia anche dell’Associazione Artisti Trevigiani.

Per impegni famigliari, Elena si è vista costretta ad abbandonare l’arte, ma solo temporaneamente, per poi, non appena ne ha avuto la possibilità, ritornare a dipingere.

Le opere che oggi Elena espone hanno un comune denominatore: il colore blu, che diventa la sua firma.

Un colore che richiama la sua terra, la Puglia, in particolare il Gargano e il suo splendido mare, che rievoca in lei il ricordo, che si fa ispirazione e si traduce nelle tele supportato da un attento studio luministico.

Luce e colore che, fondendosi l’una nell’altro, danzano armoniosi nello spazio pittorico, divenendo narratori di una storia, quella del mondo emozionale di Elena, che si abbandona al movimento delle onde lasciandosi guidare in un viaggio intimistico che la aiuta a far riaffiorare sensazioni, ricordi, emozioni vissute.

Luce che quindi non è mero strumento fine a se stesso nelle mani dell’artista ma si fa intermediario tra l’osservatore e ciò che Elena vuole raccontarci.

Onde del mare che sono forza della natura, emblema stesso dell’energia creativa di Elena, onde il cui suono sembra percepibile al nostro orecchio, che si mette in ascolto del canto di quel mare che porta con sé il sapore di tradizioni, profumi, suggestioni della Puglia, alla quale Elena, pur residente qui da molti anni, si sente legata indissolubilmente.

Il blu si carica di significato allegorico, diventa emblema della contemplazione, della ricerca di un momento di tranquillità, dove Elena possa, per un attimo, rifuggire alla frenesia delle sue giornate di donna e madre, dove possa essere lei a dettare i suoi ritmi e i suoi tempi, senza lasciarsi condizionare dal vivere quotidiano e dalle sue regole.

Il blu intenso utilizzato da Elena, durante i primi anni del suo cammino pittorico, col tempo si schiarisce progressivamente, grazie all’introduzione di pennellate turchesi, verdi, gialle, bianche che esplodono in vivaci paesaggi marini.

Natura selvaggia e incontaminata che ci riporta ad un Eden, dove la presenza dell’essere umano è la grande assente, proiettando così l’osservatore in una dimensione senza spazio e senza tempo.

Paesaggi marini immersi nella notte più profonda che però non suscita nell’osservatore ansie o paure ancestrali, bensì lo porta a perdersi in un immenso dove finalmente riesce a placare i propri turbamenti e trova conforto alle tribolazioni quotidiane, lasciando che i pensieri possano correre, finalmente liberi, verso quell’infinito al quale aneliamo, in una ricerca costante di spiritualità e pace.

Il mare richiama, poi, il primigenio, l’origine del tutto, quell’ambiente rassicurante e protetto che ci ha accolto per nove mesi all’interno del grembo materno.

Un mare nel quale ritroviamo, quindi, noi stessi e i pezzi sparsi della nostra esistenza, porto sicuro, abbraccio nel quale ci vorremmo abbandonare sino a perderci, punto di partenza e arrivo del nostro viaggio.

Nelle tele di Elena la femminilità ci viene svelata, declinata nei suoi molteplici aspetti: le sue donne sono eleganti, raffinate, armoniose, sensuali, misteriose.

Raffinatezza e plasticità dei nudi richiamano la perfezione della statuaria classica, in una ricerca volta alla conquista dell’armonia delle forme e quindi al raggiungimento di un piacevole canone estetico, di rimando classico.

Donne delle quali Elena accentua il senso di misterioso fascino, in quanto i loro volti non  sono a noi celati, persi in pensieri che si spingono verso un orizzonte che appare a noi impossibile da raggiungere: sogni d’amore, fantasie, ricordi che custodiscono gelosamente nel loro cuore.

Ogni donna porta con sé un moto dell’anima, corpi quindi che non sono solo raggiungimento di un appagamento estetico ma che tendono anche, a penetrare nell’io più profondo, cerando di carpirne i segreti per poi trasferirli, successivamente, sulla tela.

Elena introduce in molte sue opere degli strumenti musicali, sia nella rappresentazione paesaggistica sia nei dipinti dedicati alle sue donne.

Essi rappresentano il forte legame con Dio, Elena, infatti, crede che la musica sia l’espressione più tangibile della manifestazione del volto di Dio nelle cose di ogni giorno.

La musica è armonia che infonde nell’essere umano il senso di tranquillità, pace, benessere che la stessa Elena ricerca costantemente nel suo andare quotidiano.

Elena cerca di trovare una propria dimensione spirituale, avvicinandosi così a quell’Infinito al quale aspiriamo, a quel qualcosa di più alto, del quale riusciamo a percepirne la grandezza ma che ci appare, in quanto esseri finiti e contingenti, irraggiungibile.

La musica, come la pittura, avvicina Elena ad una dimensione spirituale profonda, attraverso la sua armoniosa melodia, infatti, riesce a far danzare la sua anima, arrivando a sentirsi parte del tutto, di un cosmo così perfettamente equilibrato, del quale si fa narratrice attraverso le sue tele.

Ombretta Frezza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
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